Neurochirurgia

F.a.q. – Ernia del disco

1. In cosa consiste l’ernia del disco?
Come è noto tra ogni vertebra e quella adiacente vi è un disco intervertebrale che può essere immaginato come un cuscinetto interposto per attutire il contatto tra le vertebre. Ogni disco per assolvere a questa funzione di “molleggiamento” è costituito da una parte esterna duro-fibrosa di forma circolare, come un anello (contenente) e da una parte interna all’anello, o “nucleo-polposo” di consistenza molle-elastica (contenuto). A causa delle continue sollecitazioni meccaniche il disco subisce deformazioni e pressioni che, qualche volta, anche in relazione a fattori di resistenza individuali, possono superare i limiti di elasticità e di tolleranza: a questo punto può avvenire che l’anello fibroso si “sfianchi” deformandosi in quel punto sotto la spinta elastica del nucleo-polposo (ernia contenuta) o si “rompa” in quel punto così che il nucleo-polposo fuoriesca (ernia espulsa) invadendo uno spazio non pertinente. L’ernia del disco può verificarsi in tutti i segmenti della colonna vertebrale (lombare, dorsale, cervicale) ma la frequenza è nettamente prevalente per l’ernia discale lombare, seguita a notevole distanza dall’ernia discale cervicale; l’ernia dorsale è rara.

2. Come si manifesta l’ernia del disco?
L’ernia del disco lombare è frequentemente causa di disturbi che possono arrivare ad intensità di dolore alla schiena e alle gambe così elevata da impedire non solo la deambulazione ma anche i più piccoli movimenti degli arti inferiori sul piano del letto. L’ernia del disco cervicale interessa invece collo, spalle, ed arti superiori. In tutti e due i casi il paziente può restare bloccato dal dolore (cervicalgia, brachialgia, lombalgia, cruralgia, sciatalgia) e presentare perdita di forza e di riflessi. Se è vero che la natura tende di solito a riparare spontaneamente i danni che si presentano a carico dell’organismo è anche vero che la chirurgia può fornire la guarigione con mezzi sempre più perfezionati. Peraltro l’indicazione principale alla chirurgia è costituita proprio dal protrarsi dei disturbi per settimane e mesi: questo produce spesso uno stato di scoraggiamento e di depressione nel paziente che si vede gravemente menomato oltre che fisicamente anche sul piano psichico e sociale.

3. Ma perché il dolore è quasi sempre intollerabile?
Sulla faccia posteriore dei dischi e dei corpi vertebrali, all’interno del canale vertebrale, sono contenuti il midollo spinale (nel tratto cervicale e dorsale) e le radici nervose (tratto cervicale, dorsale e lombare). Quest’ultime, dal collo all’osso sacro, fuoriescono a coppie (una radice a destra ed una a sinistra) in corrispondenza di ogni singola vertebra attraverso un proprio “forame di coniugazione” che costituisce il punto di uscita dal canale vertebrale. Le radici si prolungano formando i nervi e collegando quindi i centri nervosi del midollo ai muscoli (possibilità di paresi) ed alle terminazioni sensitive degli arti (possibilità di dolore). Quando una radice è contattata o compressa da un’ernia discale, che si comporta come un corpicciolo estraneo in uno spazio rigido e chiuso (un sassolino nella scarpa), risponde “come un nervo scoperto” con violenti dolori nel territorio di pertinenza. Nei casi più gravi la compressione della radice determina difetti di forza (paresi periferica). Quando l’ernia è cervicale o dorsale può essere compresso il midollo (paresi centrale).

4. Come fa il paziente a sapere in realtà se deve essere operato o no, che cosa deve fare? Cosa vuol dire curarsi con “aspirazione”, o con il “laser”, con l’ozono, o con molti altri sistemi?
Naturalmente finché è possibile si dovrà contare su una guarigione naturale (vis medicatrix naturae) che potrà essere favorita da farmaci antinfiammatori e dal riposo, nonché da trattamenti fisici e di tipo biomeccanico e posturale (chiroterapia, ginnastica medica, ecc) o alternativi (agopuntura, varie tecniche antalgiche, ecc).
Tuttavia si deve sottolineare a questo punto che il mal di schiena è una “industria” nella quale ogni anno nel mondo vengono profusi milioni di dollari alla ricerca di cure risolutive. Diverse discipline e teorie, anche fantasiose, scendono in lizza e il presunto beneficiario di tanta attenzione, il paziente, guarda perplesso senza sapere cosa fare, spesso angosciato dall’idea di trovarsi in una situazione pericolosa. Talora sa del fallimento di procedimenti chirurgici mal consigliati e seguiti da complicanze. Ma sa anche di casi in cui la perdita di tempo ha comportato dei danni. Ciò aumenta la paura e l’incertezza.
Si deve sapere che la grande maggioranza delle ernie del disco guarisce spontaneamente nel giro di settimane o mesi qualunque sia la terapia scelta (ozono, placenta, estratti vari animali e vegetali, scarificazioni, flebotomia, bioenergie,ecc) che di solito è innocua. In verità se l’ernia, lombare o cervicale, si accompagna a segni di impegno neurologico (perdita di forza agli arti, disturbi di sensibilità e parestesie importanti, disturbi del trofismo muscolare con diminuzione di volume di certi gruppi muscolari, alterazioni o perdita di riflessi e tono muscolare, disturbi urinari, ecc) o comunque non guarisce, costituendo motivo di diminuita validità nella vita quotidiana, il problema, chiariti con estremo rigore gli aspetti diagnostici strumentali (in particolare TAC ed RMN) e verificata la loro assoluta congruenza ai dati clinici ed all’ipotesi di patogenesi meccanica, si risolve appunto in chiave meccanica eliminando chirurgicamente l’ernia del disco e restaurando la disponibilità di spazio per le strutture nervose compresse.
Si è tentato con diverse tecniche percutanee parachirurgiche di ottenere tale scopo tramite puntura del disco con ago-sonda: tali tecniche sono, fondamentalmente, la nucleo aspirazione o nucleotomia percutanea automatica e la discectomia endoscopica o discectomia percutanea con o senza laser. Queste tecniche non si applicano per l’ernia discale cervicale e presentano un limite pratico e concettuale costituito dal fatto che la sonda raggiunge il disco, ma non direttamente l’ernia. La chirurgia diretta, nei casi selezionati a dovere rappresenta una soluzione radicale e prontamente efficace sia nelle ernie lombari che cervicali. In ambedue i casi la chirurgia può essere effettuata in tecnica microchirurgica da chirurghi con esperienza specifica. Non vi sono macchine, laser, microscopi, tecniche automatiche, sostanze, che possano sostituire l’opera del chirurgo.

5. Quali vantaggi comporta sul piano pratico la tecnica microchirurgica?
La microchirurgia applicata all’ernia del disco lombare o cervicale è solo un modo più specializzato e raffinato per compiere l’atto chirurgico. Lo scopo dell’intervento, che è sempre la asportazione dell’ernia e l’eliminazione delle cause di compressione sulle strutture nervose, viene raggiunto riducendo al minimo il traumatismo chirurgico. I vantaggi riguardano sia il chirurgo che il paziente ed in un certo senso anche la dottrina.
Per il chirurgo: visualizzazione straordinaria delle strutture con illuminazione perfetta; riconoscimento di dettagli anatomici normali e patologici che altrimenti potrebbero sfuggire; scelta di ingrandimenti ottimali variabili secondo le varie fasi e necessità dell’intervento; ispezione all’interno del disco una volta che questo è stato svuotato; assenza o minima quota di sanguinamento.
Per la dottrina: necessità di studio preoperatorio minuzioso sia clinico che anatomo-radiologico evitando incertezze da chiarire durante l’intervento e mirando direttamente al punto in causa con accurati reperaggi anatomici onde ridurre al minimo la necessità di ampi passaggi e demolizioni. Stretta aderenza del razionale causa-effetto con rimozione radicale delle cause di compressione e determina un effetto di guarigione immediato.
Per il paziente: l’intervento dura 30-40 minuti di solito; riduzione dei tempi di degenza (1-2 giorni) e convalescenza (10-15 giorni); minima cicatrice cutanea, muscolare e periradicolare; deambulazione immediata; assenza di dolori nel postoperatorio. Questa “minimizzazione” dell’intervento chirurgico, e l’assenza di dolori postoperatori, hanno consentito, combinando una precisa tecnica microchirurgica con un’anestesia peridurale, specificamente puntualizzata, di effettuare la microdiscectomia lombare senza anestesia generale dimettendo il paziente nella stessa giornata dell’intervento (one day surgery): il paziente inizia la deambulazione dopo 6 ore e può tornare a casa, accompagnato, dopo 8-10 ore dall’intervento. L’eventuale programma rieducativo postoperatorio è ampiamente facilitato da questa chirurgia per definizione miniivasiva e pertanto poco incidente sull’equilibrio biomeccanico delle strutture vertebroarticolari e muscolari. La possibilità di recidive nell’ernia del disco lombare trattata con questa tecnica è intorno al 3-4%. Per completezza si deve sapere che l’ernia del disco cervicale viene operata per via anteriore o posteriore a seconda del tipo e della localizzazione.