Recenti progressi e novità in campo diagnostico e di ingegneria medica consentono di individuare con sicurezza, e di guarire, i casi di instabilità vertebrale caratterizzati da mal di schiena grave, progressivo, e invalidante.
Il problema di questa patologia è che molto spesso la causa del dolore non viene correttamente riconosciuta anche perché si tratta di ricercare e dimostrare delle alterazioni che si evidenziano nel movimento e nel carico della colonna lombare, e che quindi sfuggono alle normali radiografie e immagini diagnostiche della colonna (TAC – RM).
I disturbi possono essere anche lievi inizialmente, però minimi stress, anche un semplice cambiamento di posizione, per esempio da seduto in piedi, provocano improvvisi peggioramenti con il ripetersi di “blocchi lombari” classici o con l’instaurarsi di lombosciatalgia acuta o cronica. Col tempo diventa difficile stare diritto in piedi per la tendenza a piegarsi in avanti o di lato, diventa penoso alzarsi o camminare; c’è zoppicamento; spesso nel cammino si è costretti a fermarsi dopo brevi tratti (claudicatio intermittens).
Naturalmente si perde la voglia di lavorare e di agire, e si possono instaurare reazioni depressive con frustrante senso di invalidità. Ma perché questo accade e cosa è l’instabilità?
Sembrerà strano, ma una definizione precisa è difficile: per una serie di ragioni biologiche e biomeccaniche, principalmente su base degenerativa ma anche congenita o traumatica, si perde la proprietà di coesione elastica tra una vertebra e l’altra, come se si allentassero una rispetto all’altra. La vertebra instabile può essere paragonata a un dente non ben fisso o che dondola lievemente.
Ciò può comportare anche uno spostamento o scivolamento della vertebra (spondilolistesi vertebrale) e comunque rappresenta un elemento che genera dolore vertebrale o anche neurologico (irradiato agli arti inferiori fino al piede) se le radici nervose vengono stirate o compresse da questo movimento.
La difficoltà diagnostica risiede nel fatto che in pratica si deve documentare, o meglio cogliere all’istante, un movimento per lo più piccolissimo della vertebra, talora anche inapprezzabile.
Ne deriva una scala che va da casi in cui la diagnosi è solo clinica basata sulla tipicità dei sintomi, a casi di microinstabilità evidenziabile esclusivamente con indagini sensibilizzate (Rx dinamica; TC sotto carico; RM dinamica), a casi con palese spostamento della vertebra (spondilolistesi instabile, scoliosi instabile).
Il trattamento chirurgico, l’unico risolutivo, può essere “graduato” con la stessa scala pur se con molte variabili. I casi di instabilità con spondilolistesi evidente devono essere stabilizzati con il classico intervento “barre e viti”. Recentemente però in casi di “scivolamento” non eccessivo noi otteniamo lo stesso risultato ponendo le viti e le barre di connessione esclusivamente per via percutanea. Infine in molti casi di microinstabilità pratichiamo un intervento miniinvasivo ed extravertebrale mediante il semplice posizionamento di uno spaziatore interspinoso.
Questo schema presenta naturalmente molte variabili ma dà un’idea completa delle opzioni chirurgiche oggi possibili. I risultati sono pressochè sempre risolutivi nei casi con la giusta diagnosi e la giusta indicazione.
Di seguito il video dell’intervista del prof. Greco a UnoMattina del 30 maggio 2008 sul tema dell’instabilità vertebrale